Giovane di belle speranze
Ogni persona dovrebbe avere una certa memoria storica amorosa. Io non è che non ce l’abbia, semplicemente l’ho delegata a una lista di nomi discretamente lunga sul mio mac. Non perché non abbia amato a sufficienza nella mia vita, anzi, al contrario: ho distribuito affetto e attenzioni in maniera così incondizionata che, spesso, per autodifesa me ne sono pentita. E ho iniziato a volermi dimenticare di alcuni nomi, alcune presenze, alcune ferite di difficile cucitura. Ma negli anni queste presenze si sono fatte, a prescindere dalla mia volontà, così radicate in me da aver bisogno di un’uscita per essere esorcizzate. Quella scritta è la perfetta chiusura del sipario. Fino al prossimo spettacolo.





1 è sempre stato uno stronzo. Non di quelli che definisci tali per qualche telefonata mancata o perché preferisce gli amici ad accompagnare te a fare shopping; stronzo nel vero senso della parola. Etimologicamente parlando:
“Volgare epiteto ingiurioso, la cui connotazione offensiva si è andata via via riducendo con il tempo, fino a significare, genericamente, «persona inetta e incapace, o che comunque si comporta in modo criticabile»; stupido, odioso, detestabile.”

1 non era un ragazzo come tutti gli altri. Voglio dire, prima di essere il mio primo fidanzato, era mio amico. Amico come si può esserlo di una sedicenne: in maniera morbosa e superficiale allo stesso tempo, senza una vera conoscenza, però con tanti lati in comune e una smodata passione per la libertà. Canne per tutti e sbronze appena era possibile, insomma.
Poi accadde il fattaccio. Non avevo nemmeno sedici anni quando, in preda alla noia più che all’euforia di un capodanno banale, decisi che avrei dovuto baciare in una notte più ragazzi possibili.
Ero bella, di una bellezza corrucciata e capricciosa, con i capelli rossi e gli occhi ripassati di nero. La bocca era lucida di gloss a inizio serata, ma dopo alcune ore e sette amici baciati divenne giusto stanca e screpolata.
Ecco, quello fu il mio modo per allontanarmi da 1 Perchè lo sentivo stringermi in una morsa, e certo all’epoca non avevo idea che le situazioni potessero venire risolte con un coscienzioso discorso sugli spazi personali e sulle tempistiche asincrone. In realtà una tale consapevolezza non ce l’ho neppure oggi, ma lasciamo perdere.
Dicevo. Volli allontanarmi da 1 in maniera vigliacca, in modo che capisse in fretta che non avevo la più lontana voglia d’immischiarmi in una relazione acerba e senza propulsioni. Il problema nacque quando lui si convinse del contrario. E io, povera testolina bellissima ma senza esperienza, mi lasciai prendere dalla sua tela di ragno sottile e velenosissima.
“Ma sì, mi ci fidanzo oggi, così tra una settimana lo posso lasciare e si torna amici come prima”.
Ci sono stata insieme quasi un anno. D’inferno.
Il primo amore non si scorda mai: col cazzo. O, meglio, non si scorda non perché sia stato meraviglioso, ma perché è stata l’esperienza più brutta e tremenda dell’intera vita.
1 non voleva che tenessi i capelli lunghi, né che mi truccassi.
Dovevo vestirmi solo con abiti da uomo, stare con i suoi amici e nessun altro, perché solo lui poteva salvarmi e non farmi proseguire nella strada della perdizione cui mi ero votata.
No, ma nel senso. A me quella strada a metà tra il tossico e l’inettitudine piaceva molto. Ora qualcuno dovrebbe spiegarmi perché un coglione patentato avrebbe potuto insegnarmi qualcosa. Ma col senno di poi è facile parlare...
Insomma, per un anno divenni una sorta di burattino. Che, come Pinocchio però, iniziò a cercare qualche via di fuga. Lui finì nella bocca della balena; io mi sono finta così tanto aderente all’idea che lui voleva avere di me che divenni da sola la mia personale Fata Turchina. Mi trasformai non in un bambino, no; bensì in una giovane donna manipolatrice. Quando l’allievo supera il maestro.
Lo lasciai dopo un’estate trascorsa lontano. Insieme alle foglie dell’autunno inoltrato abbandonai i panni della persona che non ero, ma che qualcun altro voleva che fossi. Non lo rividi più.
1 mi ha chiesto scusa, però. Quest’anno. Dopo dieci anni di gelo e assenza completa. La vendetta è un piatto da gustare freddo, qualcuno dice. Sarà, ma perde il sapore.
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